Difendere il proprio onore a volte non ha prezzo. In questo caso però il prezzo è stato stabilito in mille sterline inglesi. Questo è l’ammontare, in termini monetari, della scommessa che il 2 dicembre 1962 ha avuto il suo epilogo all’Autodromo Nazionale di Monza.
La scommessa tra Chapman e von Frankenberg nel 1962
Quale scommessa? E fra chi? Iniziamo dai protagonisti, i cosiddetti “sfidanti”. Da una parte un giornalista tedesco conosciuto nell’ambiente delle corse, Richard von Frankenberg. Dall’altra un ancor giovane costruttore inglese di auto da corsa, Colin Chapman. Motivo del contendere? La presunta illegalità dei motori utilizzati dalla sua Lotus in Formula Junior, la categoria propedeutica che di fatto è un gradino sotto la Formula 1.
Tutto nasce a fine settembre al termine di una corsa in Germania riservata a queste piccole e agili monoposto. In prova una delle vetture ufficiali di Chapman, nelle mani di Alan Rees, esce di pista trasformandosi in un rottame. Nel frattempo lo stesso Rees si lascia andare a battute sulla presunta irregolarità del motore di una vettura gemella portata in pista da un facoltoso pilota di casa. A rincarare la dose ci ha pensato seduta stante la bella Gerda, consorte di von Frankenberg, che vistasi negare l’acquisto della Lotus incidentata ha soffiato sul fuoco del marito indicando anche questa come un’ulteriore prova che qualcuno bara.
Scommettiamo che…ci troviamo in pista a Monza?
Nasce così una discussione che sfocia nei giorni seguenti in un paio d’articoli in cui la feroce penna tedesca accusa senza giri di parole il team manager britannico di fornire motori illegali ai piloti titolari e, tanto per far cassa, anche ai vari privati che da lui si rivolgono per acquistare le sue performanti Lotus 22. Chapman non è tipo da accettare illazioni da chicchessia, pur se chi lo accusa non è uno sprovveduto. Per cui, proveniendo proprio dalla patria dei bookmakers, respinge le accuse al mittente e lo sfida ad una prova per smentire le malelingue, in una sorta di duello medievale, più facilmente riconducibile in tempi non medievali al più generico: Scommettiamo che…?
Al teutonico giornalista lascia la scelta del campo e delle regole del gioco. Ed ecco che, un paio di mesi dopo, finalmente i due si ritrovano a faccia a faccia sul rettilineo di partenza di Monza per farla fuori una volta per tutte. Ma perché a Monza e non in altre piste? Semplice, perché a giugno, in occasione del Gran Premio della Lotteria, Peter Arundell aveva vinto in volata battendo l’altra Lotus ufficiale, quella del solito Rees. Da qui la corretta decisione di ripetere, quantomeno come tempi sul giro e sulla distanza totale, la vittoriosa cavalcata d’inizio estate. In caso contrario le mille sterline resteranno in tasca al giornalista tedesco e l’accusa di essere un falsario in faccia al manager britannico.
Il sale sull’asfalto di Monza, poi il carbonato di calcio
Il primo dicembre Chapman arriva a Monza con solo un paio di tecnici al seguito più Arundell. La 22 di F.Junior non è però una delle sue, cioè una vettura ufficiale. Lui le aveva già vendute tutte man mano che le sfornava dall’officina, per cui si era rivolto a un pilota privato ricomprandola e l’aveva preparata appositamente per far tacere l’insolente penna di von Frankenberg. Ma se Chapman, giustamente, è convinto che la sua creatura sia pronta, altrettanto non lo è del campo di battaglia, cioè l’asfalto dello Stradale monzese. Per cui, considerando che pur essendo quello del 1962 un autunno mite in Brianza, la differenza con la felice giornata del Lotteria sfiora comunque i trenta gradi. Per precauzione la sera stessa viene quindi gettato il classico sale alle curve di Lesmo con la paura che da lì a qualche ora arrivi il gelo. Niente, la notte la temperatura non è scesa sotto lo zero, per cui la domenica mattina si è dovuto gettare del carbonato di calcio per eliminare la patina scivolosa che proprio lo stesso sale aveva creato.
Il nuovo record della pista a Monza
Domenica 2 dicembre, ora di pranzo. Tutto pronto, Arundell è fermo sulla linea di partenza, Chapman ha il cronometro in mano e von Frankenberg i soldi in tasca. La prova, che è coordinata per volere degli sfidanti dalla rivista di casa Auto Italiana, inizia come stabilito. E come previsto, anzi meglio, finisce senza discussioni ulteriori. Perché se a giugno il tempo totale per compiere i trenta giri della finale erano stato di cinquantasei minuti e quaranta secondi, il 2 dicembre il pilota inglese ha addirittura impiegato quasi un minuto in meno. In pratica in quell’ora scarsa di gara in solitaria aveva girato due secondi al giro più veloce. Non contento Chapman aveva anche chiesto al suo “cavaliere”, una volta capito che la sfida volgeva a suo favore, di compiere altri due giri supplementari, nei quali era stato accontentato con il nuovo record della pista.
“Tutto è bene ciò che finisce bene” recita un antico adagio. Ma però manca ancora l’ultimo capitolo per confermarlo. Chi dice infatti che pur con i riscontri cronometrici a suo sfavore von Frankenberg abbia torto? I tempi sul giro e soprattutto la distanza coperta sono dalla parte di Chapman, ma bisogna dimostrare che nessuno abbia barato. C’è un solo modo per chiarirlo ed ecco che il motore viene espiantato dalla Lotus 22 e vivisezionato dai due commissari tecnici preposti, in questo “singolar tenzone” di fatto trasformati in padrini superpartes. Quando il loro verdetto arriva Chapman, che in una mano ha già i soldi della sua creatura acquistata in un baleno da un italiano che ha seguito il tutto, con l’altra resta con il palmo aperto mentre contemporaneamente dalla tasca di von Frankenberg escono le sterline promesse. Così come, dalla sua penna, nei giorni seguenti usciranno le tanto attese e meritate scuse.
Enrico Mapelli