Monte Carlo, domenica 31 maggio 1981. “Scusi, è libero qui?”. “Certo, si sieda pure. Vedo che è ferrarista anche lei…”. “Si, vengo da Lonigo, in provincia di Vicenza. Abbiamo viaggiato tutta notte per essere qui in tempo, ma siamo arrivati un po’ tardi e così, io e quelli del mio Ferrari Club, abbiamo dovuto sparpagliarci e sistemarci alla bell’e meglio. Ci ritroveremo sul pullman stasera. E lei?”. “Io vengo da più vicino, Ivrea. Con moglie e figli, come tutti gli anni. Possiamo darci del tu?”. “Assolutamente, e forza Ferrari”.

Da Vicenza e Ivrea per il warm up a La Rascasse
Il tempo di sedersi ed ecco sotto di loro, che sono arrampicati sulla costa di sassi ed erba che sovrasta La Rascasse, sentire l’urlo dei motori che sale in lontananza, sta per iniziare il warm-up. Mezz’ora di prove libere. Il cielo non è pulito, con tante nuvole che coprono la visuale delle Alpi marittime in territorio francese. Ma non si parla di pioggia, cosa tutt’altro che rara in questa zona della Costa Azzurra. “Jones è stato il più veloce. Non ho capito chi è dopo di lui ma penso di aver sentito che Gil ha il quarto tempo. Per me oggi ce la fa. Vince lui”.

“Magari. Comunque anche il quarto tempo a serbatoi pieni va bene, vuol dire che la macchina è a posto. In ogni caso parte in prima fila, per cui…”. “Già, sembra difficile sperarlo visto che ha il turbo, ma con Gil tutto è possibile. Soprattutto ora che ha firmato per altri due anni con noi e quindi ha la testa libera e il posto sicuro”.
Primo pomeriggio, è quasi ora di prepararsi per il Gran Premio di Monaco, non un gran premio qualsiasi. Uno di quelli che conta più dei punti che dà e dei soldi che elargisce. Conta averlo nel proprio curriculum di pilota. Ma c’è agitazione nei box, e lo si percepisce anche nella vicina collina, passando uno stato d’ansia anche a chi, tutto sommato, non dovrebbe averne se non quella di godere di uno spettacolo all’altezza dei franchi spesi.

L’incendio, il diluvio, l’incognita sulla corsa
“Perché si sentono le sirene dei vigili del fuoco?”. “C’è un incendio. L’ho percepito dalla radio del francese che è qui dietro di noi. Pare che siano andate a fuoco le cucine dell’hotel sopra il tunnel. Vediamo e aspettiamo”. “Là, in fondo, vicino alla direzione gara, stanno parlando. Riconosco Piquet e il nostro Gil. Ci sono anche altri. Guarda, guarda come che si sbraccia Ecclestone…”. “Infatti, la radio ha detto che se non sistemano la pista sotto il tunnel, qualcuno dei piloti ha detto che non corre”.
In effetti, dopo discussioni e minacce si arriva ad un compromesso. L’asfalto in quel punto è stato ripulito dall’acqua che i pompieri hanno dovuto scaricare per spegnere le fiamme. Ma poi è finita di sotto, direttamente dentro quel breve budello illuminato artificialmente che, già di suo, non è facile affrontare in piena accelerazione e per di più in curva. “Che situazione strana. Se piove quello è l’unico punto asciutto del circuito. Oggi è il contrario. Asfalto in ordine dappertutto meno che proprio in quel punto lì. Chissà cosa decideranno…”.

I due italiani in pista che partono dalla terza fila
“Aspetta, aspetta… ci siamo. Hanno deciso di partire. All’ingresso del tunnel i piloti troveranno le bandiere gialle fisse e non potranno superare fino a quella verde alla sua uscita. Così, se non ho capito male, ha detto la radio francese”. “Meno male, il gran premio è salvo e io almeno tutti i chilometri non li ho fatti per niente”. Nelson Piquet, Brabham Ford Cosworth, in pole position. Accanto a lui Gilles Villeneuve, Ferrari turbo. Così recita la griglia di partenza del sesto appuntamento del Campionato del mondo 1981. E gli altri? Reutemann che ha vinto l’hanno scorso è in seconda fila con la Williams, e con lui parte il sorprendente l’inglese Mansell con la Lotus. Due italiani, Patrese e De Angelis, in terza, il Campione del mondo Jones in quarta mentre l’altra Ferrari è lontana, penultima linea, come si dice in francese.

“Hai capito qualcos’altro dalla radio del francese?”. “Poco d’importante. Ho percepito solo che anche loro non danno molto credito alla pole di Piquet. Sembra che l’ha fatta con una Brabham diversa da quella che gli tocca usare in gara. Mah, sarà…”. “Anch’io non credo molto a questa favoletta. A Montecarlo meglio partire in prima posizione che in fondo come gli tocca a Didier. Sarà anche la città del Casinò e della roulette, ma più fiches hai e più è facile far saltare il banco”.
Alfa Romeo, Ferrari e piloti italiani: che avvio a Montecarlo
“Comunque che si diano una mossa. Dovevano partire alle tre, ormai sono quasi le quattro…”. In quel preciso istante quasi all’unisono si accendono i motori e le venti monoposto escono dalla corsia box per schierarsi in griglia. Sedici e dieci, ora locale. Quattro e dieci, ora d’Ivrea e Lonigo. Si parte, finalmente. Pronti, via! Santa Devota, prima curva, Piquet al comando, poi Villeneuve, Mansell, Reutemann, Jones, Patrese, De Angelis. Dietro loro una toccata nella salita verso il Casinò mette fuori la McLaren di De Cesaris e l’Alfa di Andretti.

“Un pilota dei nostri e una macchina italiana fuori subito. Iniziamo bene”. “Spiace per loro due e per i cugini dell’Alfa, ma io sono qui per la Ferrari. E per Gil”. “Se è per questo, anch’io. Però è un peccato, Andretti è uno dei nostri ex e il romano magari un giorno viene da noi”. “Andiamo avanti. Gil però vedo che non tiene il passo di Piquet”. “Infatti, chiedo a mia moglie che ha il cronometro, come siamo messi”. “Cosa dice la tua signora?”. “Ha nove secondi dal brasiliano e Jones spinge alle calcagna. Speriamo bene…”. “Ma cosa fa? Perché si è fatto da parte e ha lasciato passare Jones? Non capisco…”. Sono passati quaranta minuti di corsa e la situazione sembra cristallizzata. Piquet comanda, a dispetto di chi diceva che la sua Brabham non era all’altezza. Jones fa fatica a raggiungere il leader e Villeneuve è tranquillo in terza posizione, soprattutto ora che Patrese, dopo averlo scavalcato, è rimasto fermo con il cambio della sua Arrows in mano.
Piquet, Villeneuve, Jones: il Gp di Montecarlo del 1981
“A che punto siamo della corsa?”. “Mancano una ventina di giri. Mia moglie dice che Gilles…”. “Guarda, guarda! Piquet ha sbattuto alle piscine. La vedi là? La sua Brabham è ferma. Jones primo e Gil secondo”. “Vedo, hai ragione. Ecco la Williams. Chiedo a Lucia quanto ha su Gilles”. “Che dice il cronometro?”. “Trentatré. Trentatré secondi in poco più di venti giri. Non ce la farà mai…”. “Aspetta, amico mio. Aspetta. Io ci credo”. Giro numero sessantasei, dieci al termine. L’australiano della Williams imbocca la corsia box. “Cosa fa Jones?”. “Non lo so, mi sembrava che non avesse dei problemi, girava bene o comunque ad occhio sugli stessi tempi della nostra Ferrari”.

“La radio del francese dice che Jones ha fatto un veloce rabbocco. Vuoi che hanno sbagliato i calcoli della benzina quelli della Williams? Non ci credo”. “Frega niente. Ora però Gil ce l’ha lì, davanti a lui. Vedrai che ci prova”. “Lucia, guarda che stanno arrivando sotto di noi. Dimmi per favore quanto ha di distacco da Jones”. “Per me ne ha meno di dieci. Vedrai che ce la fa. Un secondo al giro e va prenderlo”.
Noghes e Villeneuve e il finale di gara
“Sette. Sette secondi e dieci giri. Forse hai ragione. Vai Gilles”. Mancano cinque giri al termine. Diciotto e quindici, ora locale. Sei e un quarto, ora d’Ivrea, Lonigo e Maranello. La Williams numero 1 esce dall’Anthony Noghes che chiude il giro e la Ferrari numero 27 gli è letteralmente addosso. “Guarda, guarda in fondo come si agitano. Per me ce l’ha fatta. Gil l’ha passato. Primo, è primo! Vai, canadese del mio cuore”. “Si, anche la radio del francese l’ha detto. Ma non mi fido. Voglio vederlo con i miei occhi. Aspetta, guardiamo verso la chicane del porto. Se vediamo il rosso davanti al bianco vuol dire che è vero”.

Pochi secondi e arriva la conferma. A quattro tornate dal traguardo Villeneuve, dopo essere spariti dalla loro vista, aveva passato in pieno boulevard Albert Ier Alan Jones e, sei muniti più tardi, il canadese riesce a portare per la prima volta un motore turbo alla vittoria sulla pista che tutti reputano la più difficile per loro. “Grande Gil, grande Ferrari. Cosa ti avevo detto? Ha vinto”. “Bravo lui, e bravo te che ci credevi. Più di me. Ora che Gilles vada a farsi premiare dal principe Ranieri”. “No. Non c’è il principe”. “Come, non c’è! Non manca mai. Dov’è?”. “In America. Alberto si è laureato e oggi facevano la cerimonia”. “Peggio per lui. Ancora non sa cosa si è perso”. “Frega niente. Se non c’è il principe qualcun altro ci sarà ben”.

Eravamo 4 amici a La Rascasse: nel segno di Villeneuve
“Giusto. Anche perché oggi il principe è lui, il nostro Gilles”. Finito l’inno e spruzzato lo champagne, ai box e sulle tribune s’inizia a sbaraccare. Pure sulla collina che sovrasta La Rascasse, perché ognuno deve mettersi sulla strada di casa. Vicina o lontana che sia. “Sono felice. Venire a Montecarlo ne è valsa la pena. Viaggiare di notte, scomodo e senza dormire, arrivare al pelo, trovare un posto di fortuna, mangiare un panino freddo, aspettare più di un’ora il via. Ma la vittoria di oggi ce la ricorderemo fin che scampiamo”. “Si. Hai ragione. A proposito, non ci siano presentati. Come ti chiami”. “Gianpiero. E tu?”. “Mauro. E lei, come avrai sentito, è Lucia”. “Grande Lucia, ottimo lavoro da cronometrista. Grazie. Ci vediamo qui fra un anno. Io, voi e Gil”.

Quel 31 maggio 1981 Gilles Villeneuve ha messo a segno una delle sue imprese memorabili, vincendo con merito su un circuito in cui pochi avrebbero detto che un pilota spinto da un motore turbo sarebbe stato in grado di farlo. Ma non avevano fatto i conti con il canadese. Purtroppo nemmeno Giampiero e Mauro avevano fatto il conto con il destino: un anno dopo, sulla collina che sfocia su La Rascasse, anche loro si sono ritrovati orfani di Gil.
Enrico Mapelli