Ha riportato in Europa il Milan e lo ha rifatto grande, gli ha dato lo scudetto. Ed è rimasto in piedi come fanno le bandiere, saldo quando tira il vento. Lui che aveva trascorsi da “normalizzatore” dall’altra parte del Naviglio, si è scoperto “on fire” sulla sponda rossonera. Ha vinto uno scudetto a cui nessuno credeva, con un altro ex divenuto a sua volta simbolo del nuovo corso, Zlatan Ibrahimovic. Dopo un mercato rivoluzionario e algoritmico, che gli ha cambiato addendi e moltiplicatori, si è ritrovato con l’abaco a sommare 33 infortuni da agosto ’23 a gennaio ’24. Contro il Napoli – la squadra dominante prima e scudettata poi di Spalletti, battuta ed eliminata dai quarti di finale di Champions League – l’anno successivo ha raggiunto Arrigo Sacchi al settimo posto degli allenatori al time del Milan.
Il cammino di Pioli al Milan: gli infortuni e i rapporti da gestire
Di Ibrahimovic, Pioli ha beneficiato sul campo e patito a Milanello, quando ha dovuto fare buon viso a cattivo gioco. Presenza forte, ingombrante, quella dello svedese. Uno special one come lo era stato l’allenatore dei cugini e che lui, il “Normalizzatore”, si è trovato ad esaltare prima, gestire poi, patire senza battere ciglio infine. Come dopo il derby perso 5-1 a inizio campionato, quando il nuovo Milan americano dei Pulisic e dei Musah era un incognita da mettere risolvere e interpretare, proprio quando ancora fuori da Carnago ci si disperava per la partenza del figliol prodigo Tonali, senza sapere di aver trovato in Loftus-Cheek un upgrade del ruolo e della personalità.
I 5 derby persi da Pioli la stagione scorsa e il nuovo inizio
Ecco, è in quei giorni che Ibra si presenta al campo, proprio dopo il tonfo contro Inzaghi e Lautaro, e alzi la mano chi non pensò che quella presenza potesse delegittimare il polso del mister sulla squadra, con i cocchi da ricomporre dopo una sconfitta di quelle proporzioni. Ibra era allora il grande ex che aveva dato l’addio show al calcio, ma che “qui troverà sempre casa sua e cancelli aperti”, si trovò a mettere le toppe Pioli. Giustificando e assecondando una situazione che ad altri avrebbero fatto alzare i toni e la voce. Lui no, Pioli ha taciuto e sposato la linea per cui “se non puoi averli come nemici, fatteli amici”. Non che Zlatan fosse contro il mister, chiaramente, ma il vuoto di potere societario fu addotto – in quei giorni – anche alla dipartita tecnica di Maldini e Massara, le figure intermedie che il club aveva deciso di rimpiazzare.
La successione di Pioli al Milan e la capacità di restare saldi
Pioli, anche nella bufera del mare in tempesta dei mesi successivi, ha tenuto l’albero di maestra ben saldo e navigato senza imbarcare acqua, nonostante l’on fire che gli cantava la curva fosse venuto meno “perché è giusto andare oltre”, avrebbe poi detto lui stesso. Facendo, come nel caso di Ibra, l’intelligente passo di lato per assecondare una realtà che non avrebbe certo voluto, ma che in fondo era più intelligente far passare come accolta e assecondata.
Ha fatto da parafulmine, Stefano Pioli, anche dopo l’eliminazione dalla Champions. Dopo risultati che in campionato hanno stentato ad arrivare e dopo che – inevitabilmente, per un grande club – cominciasse il totosuccessori. I nomi di allenatori giovani, rampanti, pieni di idee e vuoti di curricula erano accostati al club. Lui lo ha ripetuto anche in quelle circostanze: “La sola cosa che conosco è il lavoro”. Fedele a quel principio, senza bisogno di ostentare teatralità, si è rimboccato le maniche al di sotto delle quali faceva bella presenza quel tatuaggio che ricordava lo scudetto in rossonero. Nonostante tutto, nonostante il record di derby persi (5) in una stagione.
Pioli, corsi e ricorsi: dalla Fiorentina all’Inter
Ha incrociato di nuovo la Fiorentina che fu sua, che gli ricorderà a vita la tragedia del Davide Astori che era capitano, quando Pioli allenava la Viola. Lo ha fatto all’indomani della nuova tragedia vissuta dalle parti del Franchi, quella della morte di Joe Barone. Ha riportato il Milan al secondo posto, Pioli. Lo condurrà alla doppia sfida di Europa League contro la Roma. Ma sa che sulla sua strada c’è di nuovo un derby, un passato che torna. Ancora.
Il 22 aprile l’Inter che fu sua, che l’ha estromesso dall’euroderby di Champions nella stagione delle 5 stracittadine perse, l’Inter del 5-1 di inizio anno, potrebbe vincere in faccia ai cugini un nuovo derby. Quello che varrebbe la seconda stella. Pioli ha l’occasione di riscattare il proprio passato e di vivere la nemesi della propria condizione più difficile. Il suo futuro, neanche a dirlo, parte dal passato. Perché riscattando la macchia sulla sua stagione scorsa, potrebbe garantirsi un’immagine diversa per il futuro che lo attende. Un futuro a tinte rossonere, nonostante i “non siamo contenti” che Cardinale gli ha mandato a dire da Londra, poco più di un mese fa.