La gravidanza può essere un periodo tanto bello e incredibile quanto faticoso e impegnativo. Ci sono mesi più duri, dove imperano nausea, vomito e malessere ed altri mesi, invece più semplici, dove si riesce ad avere anche qualche accenno di energia in più. Nonostante tutto però, il momento più magico di tutti e il contatto pelle a pelle tra madre e figlio: il cosiddetto rooming-in.
Origini del rooming-in
Si tratta di una pratica antichissima, che risale a quando si partoriva in casa ed era consuetudine che madre e figlio stessero nella stessa stanza. A mutare nel tempo sono l’importanza e il valore che si associato al concetto stesso di rooming-in. Stando a quanto riportato da una dichiarazione congiunta OMS/UNICEF del 1989 sulle linee guida per l’allattamento al seno, per rooming-in si intende “il contatto tra madre e figlio, che si realizza sia a livello epidermico che visivo immediatamente dopo la nascita”, in altre parole, la possibilità per la madre di tenere il figlio sempre con sé fin da dopo il parto e non di vederlo solo durante visite programmate.
I vantaggi del rooming-in
Tra gli innumerevoli vantaggi apportati da questo magico contatto tra madre e figlio nei suoi primi attimi e giorni di vita, si annoverano:
- Facilita il crearsi di un legame affettivo;
- Rende possibile l’allattamento al seno tutte le volte che il neonato necessita di nutrimento;
- Favorisce il corretto attaccamento al seno;
- Permette un contatto più stretto con il padre e gli altri familiari;
- Rischio di infezioni neonatali minore rispetto alla permanenza nella nursery;
- Il mantenimento del contatto madre-figlio favorisce la colonizzazione della pelle e del tratto gastroenterico del neonato da parte dei microrganismi materni;
- Elimina la necessità per il personale di portare i neonati dentro e fuori le camere materne.
Sono ko e senza forze: chiamo o non chiamo la nursery?
Il rooming-in è fondamentale, certo, ma è altrettanto importante che la madre riposi e riprenda le forze, soprattutto dopo aver intrapreso un parto, naturale o cesareo che sia. Talvolta, però, può verificarsi un senso di colpa e di vergogna da parte delle stesse madri a chiamare la nursery che porti via il neonato per dare la possibilità alla neomamma di recuperare le forze. Il rooming-in non va vissuto come un’imposizione, ma come un’opportunità e la donna dev’essere libera di scegliere se e per quanto tempo adottare tale pratica. In tal senso gioca un ruolo fondamentale il personale sanitario, che dovrà sostenere e incoraggiare la madre in ogni contesto.
Il ruolo del papà
Non dimentichiamoci dei papà, anche loro sono fondamentali per il rooming in: qualora la struttura ospedaliera lo consenta, i papà potranno accudire il neonato dandogli il biberon o cullandolo, mentre la mamma recupera le forze. Un padre informato, attento e incoraggiante fa la differenza nella coppia.
Il rooming-in in Italia
Il rooming-in si sta diffondendo in Italia. Grazie al costante impegno di promozione da parte del Ministero della Salute, è sempre più impiegato dalle strutture ospedaliere.

