Entro la fine del 2026, l’Italia e la Turchia dovranno presentare alla UEFA la lista dei cinque stadi destinati ad ospitare le partite degli Europei di calcio del 2032. La sfida si preannuncia ardua, soprattutto per il contesto infrastrutturale italiano, dove, come evidenziato dalla stampa, molte iniziative legate alla ristrutturazione e costruzione di stadi sono rimaste ferme per anni, spesso bloccate dalla burocrazia. Per evitare di perdere la co-organizzazione dell’evento, il governo italiano ha avviato una serie di misure per accelerare la trasformazione degli impianti sportivi del paese e renderli competitivi a livello internazionale.
Nuovi fondi per gli stadi
Il governo ha delineato un piano di semplificazione amministrativa, che prevede l’istituzione di una cabina di regia composta da rappresentanti degli Enti locali, del Ministero dello Sport e del Ministero delle Infrastrutture, con l’obiettivo di snellire le pratiche burocratiche e rendere cantierabili i progetti entro sei mesi. Il ministro Andrea Abodi ha annunciato che il primo intervento riguarderà proprio gli stadi, con l’introduzione di un commissario governativo incaricato di coordinare i lavori. Inoltre, è stato previsto l’istituzione di un fondo pubblico per finanziare i progetti di ristrutturazione degli stadi privati, con prestiti a lungo termine a tassi agevolati che potrebbero raggiungere una cifra complessiva di 300 milioni di euro.
Tra le priorità, vi è la necessità di risolvere la questione delle concessioni stadi, la maggior parte dei quali sono attualmente di proprietà comunale. In questo contesto, il governo ha proposto di privatizzare gli impianti, una mossa che, se realizzata, potrebbe favorire lo sviluppo di infrastrutture moderne e capaci di rispettare i rigidi standard imposti dalla UEFA per le competizioni internazionali.
Termine ultimo: ottobre 2026
Entro ottobre 2026, la UEFA esigerà un piano dettagliato dei cinque stadi prescelti, con relativi piani di ristrutturazione, finanziamenti approvati e progetti cantierabili, pena la perdita della co-organizzazione del torneo. Questo impegno ha spinto la FIGC, attraverso il suo presidente Gabriele Gravina, a valutare attentamente gli impianti italiani idonei ad ospitare l’evento.
Le prime valutazioni si concentrano su stadi storici come l’Olimpico di Roma, che, nonostante alcune difficoltà strutturali, potrebbe essere rinnovato in tempi relativamente brevi, grazie anche all’esperienza pregressa di ospitare competizioni internazionali come EURO 2020. Anche l’Allianz Stadium di Torino, pur essendo l’impianto più moderno del paese, è considerato poco idoneo per ospitare finali per via della sua capienza limitata. Il dibattito su San Siro, a Milano, è ancora aperto: sebbene l’ipotesi di demolire il vecchio stadio sembri prevalere, la costruzione di un nuovo impianto è prevista per il 2030.
Un altro stadio sotto osservazione è l’Artemio Franchi di Firenze, che ha già avviato lavori di ristrutturazione sotto supervisione pubblica. Nonostante alcune difficoltà legate ai fondi necessari, c’è ottimismo che la Fiorentina e il suo presidente Rocco Commisso riusciranno a garantire gli ultimi 100 milioni necessari per completare il progetto. Il quinto stadio candidabile è ancora oggetto di discussione. Cagliari, con il progetto del nuovo Sant’Elia, e Bologna, con la sua ristrutturazione, sembrano essere in corsa, ma l’ipotesi di Udine, con il Bluenergy Stadium, potrebbe risultare problematica a causa della sua capienza inferiore ai 30.000 posti, a meno di una deroga da parte della UEFA. Sembra che il Sud Italia, e in particolare Napoli, sia ormai escluso dalla lista. La mancata intesa per la ristrutturazione dello stadio Diego Maradona ha infatti impedito alla città campana di entrare nella competizione per ospitare le partite degli Europei 2032.
La sfida che attende l’Italia è ambiziosa, ma le misure in atto potrebbero favorire una rapida evoluzione del panorama infrastrutturale, con l’obiettivo di garantire l’allineamento agli standard richiesti dalla UEFA e una migliore accessibilità agli impianti sportivi del futuro.