Lavorare meno, lavorare meglio. Potrebbe essere questo lo slogan che riassume la filosofia che sta dietro alla settimana lavorativa di quattro giorni, detta anche settimana corta, un fenomeno ben avviato nel Regno Unito, in Giappone, in Islanda, in Spagna e in Nuova Zelanda e che si sta (assai lentamente) diffondendo anche in Europa. Qui spieghiamo sono i benefici finora riscontrati.
A rendere particolarmente attraente per molte delle aziende in questi Paesi la possibilità di aderire alla settimana corta è stato il connubio di due fattori: da una parte la pandemia da Covid-19 e la conseguente necessità di ridurre il personale presente contemporaneamente nelle fabbriche e negli uffici, dall’altra l’aumento del costo dell’energia, causato dalla guerra tra Russia e Ucraina e cavalcato dai fenomeni speculativi, che ha promosso una maggiore attenzione al risparmio energetico.
Un rapporto governativo inglese ha messo in luce che, delle sessanta aziende aderenti alla sperimentazione della settimana lavorativa di quattro giorni, la maggior parte dei soggetti coinvolti ha voluto mantenere la settimana corta e 18 di questi l’hanno resa un elemento permanente.
In Italia sono solamente due le grandi aziende che hanno aderito alla settimana corta e si tratta di Intesa Sanpaolo e Lavazza.
Intesa Sanpaolo ha provveduto alla riorganizzazione dell’organico (pari a 74 mila dipendenti): 9 ore di lavoro al giorno per quattro giorni a settimana, senza variazioni di stipendio, su base volontaria e secondo le esigenze produttive.
Lavazza, che ha cominciato a proporre ai dipendenti la settimana lavorativa da quattro giorni già nel 2022, adotta lo stesso modello di Intesa.
Secondo un sondaggio di Eurostat, molti Paesi europei, tra cui proprio il Belpaese, sono ancora molto distanti dall’obiettivo ‘lavorare meno e lavorare meglio’, come dimostrano i dati di un’indagine sulle ore lavorate dai dipendenti nei diversi Stati membri nel 2022: in Grecia il 12,6% dei lavoratori trascorre più di 50 ore sul luogo di lavoro ogni settimana, in Francia il 10,2% degli occupati resta al lavoro 10 ore in più a settimana rispetto alle 40 pattuite da contratto (8 ore al giorno per 5 giorni a settimana, con oltre due ore di straordinario al giorno), l’Italia è terza con il 9,4% dei lavoratori che lavorano 50 ore a settimana anzichè 40. Gli Stati più virtuosi da questo punto di vista, e dunque con meno occupati in straordinario, sono la Romania con il 2,2% e la Bulgaria, con lo 0.7%.
L’incremento dell’orario lavorativo è più diffuso tra i lavoratori autonomi che tra i dipendenti.

