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Fino alla fine, solo Juventus. Un ritornello riadattato da Leonardo Bonucci e che non conosce eccezioni, almeno dal punto di vista del difensore che ha contribuito a scrivere la storia bianconera non solo dell’ultimo lustro. Ma anche, se non soprattutto, dei 7 anni iniziati nel 2010 e conclusi con la temporanea parentesi rossonera: un anno di Milan, con fascia di capitano al braccio, 35 presenze e due gol.

Leonardo Bonucci e la Juve: amore a più riprese, ma ora la causa

Ma scindere Leonardo Bonucci dalla storia juventina, anche a dispetto di una genesi interista per quanto riguarda giovanili ed esordio in A, non è davvero possibile. Nemmeno per lui, che si è appena accasato all’Union Berlino in Bundesliga ma non accetta il modo con cui la sua lunga storia sotto la Mole è andata finendo.

Due mesi da separato in casa, messo fuori rosa sin dalla preparazione estiva, con spigolature d’ogni tipo ad esacerbare i toni con la squadra per cui ha speso la maggior parte della propria carriera e con la quale ha finito per identificarsi ed essere identificato.

I perché della separazione tra Bonucci e la Juventus

Ma, si sa, panta rei. Anche e soprattutto in un calcio che corre veloce e che la riconoscenza la sa dimostrare spesso solo per convenienza. Una convinzione che rappresenta grossomodo l’idea di Bonucci, che per questo ha deciso di ricorrere alle vie legali per non essere stato messo nelle condizioni di allenarsi al meglio. Strutture d’allenamento off limits, orari difficili da gestire, personale limitato nel gestire dal preparazione: tutte soluzioni ostative che hanno indotto Bonucci a chiedere risarcimento danni alla Juve. Non per trarne profitto, quanto per far valere un diritto. Quello di vedersi rispettare anche il fine carriera, che vede così facilmente i giocatori imboccare la via del tramonto in solitario. Bonucci ha assicurato che l’eventuale vittoria legale equivarrà a una donazione in beneficienza.