Il nome della segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, escluso dal simbolo della lista per le Europee, quello della Presidente del Consiglio diventa solo ‘Giorgia’ e un discreto numero di candidati sono di fatto ineleggibili perché già impegnati in altri ruoli, che con tutta probabilità non intendono lasciare per sedere nell’emiciclo di Strasburgo. Questo il quadro delle polemiche che crescono con l’avvicinarsi delle elezioni europee, in svolgimento nel nostro Paese l’8 e il 9 giugno.
La questione dei nomi dei leader di partito nei simboli per le elezioni europee
La quasi totalità dei principali partiti italiani, in vista delle elezioni europee, ha scelto di riportare nel simbolo il nome del proprio leader, nella speranza che possa rivelarsi un elemento utile a portare più elettori a scegliere il partito sulla base della fiducia riposta nel suo segretario.
Azione di Carlo Calenda, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, Lega Salvini premier di Matteo Salvini e Forza Italia Berlusconi presidente del defunto Silvio Berlusconi, oggi guidata da Antonio Tajani.
I soli esclusi sono il Movimento 5 stelle di Giuseppe Conte, che al posto del nome del segretario di partito ha scelto di apporre sul simbolo la parola ‘pace’, e il Partito democratico, la cui base ha bocciato la proposta della segretaria Elly Schlein di mettere il proprio nome nel simbolo.
Un caso a parte è quello di + Europa di Emma Bonino e Italia Viva di Matteo Renzi, parte della lista Stati Uniti d’Europa: il primo partito ha scelto di riportare il nome della leader nel simbolo, il secondo no.
Anche altri partiti, come Referendum e democrazia di Marco Cappato, Uniti democrazia sovrana popolare di Marco Rizzo e Francesco Toscano e Libertà di Cateno De Luca, hanno deciso di inserire il nome del proprio segretario nei loro simboli. In generale, dei 42 simboli depositati in vista delle europee, ben 11 contengono il nome del leader del partito.
Un elemento particolarmente interessante riguardo la scelta di legare il simbolo del partito al nome del segretario è che si tratta di un fenomeno tutto italiano. Negli altri Paesi europei infatti, dalla Spagna, alla Germania fino alla Francia, si prediligono simboli semplici che riportano solo il nome del partito e non dei leader o di altri candidati.
La polemica sui candidati alle elezioni europee che non accetteranno l’incarico

La questione del nome dei leader di partito nei simboli elettorali porta a riflettere anche su un altro tema, forse il più spinoso. Stiamo parlando della scelta di candidarsi alle europee anche da parte di chi già sa che non lascerà il proprio ruolo attuale in Italia in caso di elezione in Europa.
Il primo e più lampante caso è proprio quello riguardante la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, candidata alle elezioni europee pur, naturalmente, senza intenzione di lasciare il suo ruolo di premier nel caso venisse eletta al Parlamento europeo. Lo stesso si può dire del vicepremier e ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale Antonio Tajani, anch’esso candidato a ricoprire un incarico che con buona probabilità rifiuterà per restare ministro e segretario di Forza Italia. Simile ma non uguale la posizione dei leader dei partiti dell’opposizione candidati alle Europee, come Calenda, Renzi e Schlein. Solo uno di loro, ossia Matteo Renzi, si è apertamente detto disposto a lasciare il proprio incarico in Italia in caso di elezione al Parlamento europeo, mentre gli altri due probabilmente rifiuteranno.
Giuseppe Conte, così come Matteo Salvini, ha invece scelto di non candidarsi in Europa. Essendo incompatibile per regolamento la carica di parlamentare europeo se già si ricopre un ruolo nel governo o nel parlamento di un altro Paese, la scelta di candidarsi nonostante non si miri davvero ad occupare un seggio al Parlamento europeo è stata aspramente criticata e diversi opinionisti l’hanno definita una ‘truffa’ ai danni degli elettori.
L’importanza di chiamarsi Giorgia
Jack: “Non mi chiamo Ernest; mi chiamo Jack”.
Algernon: “Mi hai sempre detto che ti chiamavi Ernest. Ti ho presentato a tutti come Ernest. Rispondi al nome di Ernest. Hai perfino la faccia da Ernest. Sei la persona più tipo-Ernest che abbia mai visto in vita mia”.
Oscar Wilde, L’importanza di chiamarsi Ernesto
La commedia teatrale di Oscar Wilde offre un ottimo spunto di riflessione sul ruolo del nome, un importantissimo elemento distintivo e identitario che la stessa premier Giorgia Meloni ha voluto sottolineare con una proposta quasi inedita. Meloni ha infatti chiesto ai propri elettori di scrivere solo ‘Giorgia’ sulla scheda elettorale delle elezioni europee. Un modo, quello del Presidente del Consiglio, per porre l’accento sul suo essere ‘una del popolo’, come da lei dichiarato. Pur non essendoci una norma che vieti di scrivere solo il nome sulla scheda elettorale, la proposta della premier rischia di produrre anche risvolti negativi poiché potrebbero sorgere contestazioni sulla validità di tali voti. Diversi i giuristi che già si sono espressi sulla questione, a partire dall’avvocato amministrativista Gian Luigi Pellegrino che ha spiegato ai microfoni di Repubblica che “il soprannome non può essere lo stesso nome”.