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Si dirà che in fondo c’è poco da stupirsi, nel mondo del 2023 in cui si assegnano i Campionati del mondo da giocarsi in tre continenti, come avverrà a quelli della candidatura congiunta Spagna-Portogallo ma con anche Marocco e Uruguay. Si dirà che proprio alla luce delle considerazioni di cui sopra e dei problemi ambientali che arditi trasferimenti transoceanici impongono, certe soluzioni di buon senso feriscono l’orgoglio ma sanano le ferite della natura.

I forfait di Cortina d’Ampezzo e Baselga di Piné

Resta il fatto che sul piano più squisitamente politico e di immagine, l’Italia non ne esce in grande stile dalla scelta (obbligata) di trasferire le gare di bob e slittino oltre confine, per i Giochi di Milano-Cortina 2026. Olimpiadi invernali per i quali era risultato vincitore un piano presentato nel 2019 e che oggi subisce un nuovo (e sicuramente più significativo) aggiustamento in corsa. Cortina d’Ampezzo, dopo mesi di polemiche e battaglie politiche, non costruirà l’impianto necessario per le due discipline, accodandosi al no che già Baselga di Piné aveva ostentato di fronte alla richiesta di creare una pista per il pattinaggio di velocità in pista lunga.

La spesa da 120 milioni di euro che non ci sarà: bob a St Moritz?

Morale: se i pattini andranno a Rho Fiera, bob e slittino se ne andranno all’estero. St Moritz, probabilmente, ma oltre gli italici confini per i quali Giovanni Malagò, presidente del Coni, ha giurisdizione sportiva. Ed è stato proprio il numero 1 dello sport italiano a darne notizia, durante il congresso Cio a Mumbai, in India. A Cortina, dove le Olimpiadi si tennero nel 1956, l’impianto di bob sarebbe dovuto essere rifatto ex novo, con intervento previsto attorno ai 120 milioni di euro.

A poco meno di due anni e mezzo dai Giochi, più che la bandiera a cinque cerchi è stata fatta sventolare quella tutta bianca, in segno di resa. Per la prima volta, un Paese ospitante delle Olimpiadi invernali dovrà chiedere l’aiuto esterno per organizzare l’evento. E se non sarà la svizzera St Moritz, ci sono la francese La Plagne o località tedesche e norvegesi pronte a raccogliere l’insperata novità. Con buona pace di chi, sotto le Alpi, si ostina a sperare in una politica di costruzione e di rilancio dell’immagine nazionale e della sua affidabilità organizzativa, anche attraverso lo sport.