INDIA
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“Non chiamatela India, si chiama Bharat”

A chiedere che la settima nazione più grande al mondo venga chiamata con il suo antico nome hindi e sanscrito è il suo stesso premier Narendra Modi del partito nazionalista indiano. Il presidente ha infatti espresso la preferenza per il nome più antico ‘Bharat’, rispetto al più recente ‘India’. 

India: tensioni globali, opportunità globali

In un contesto geopolitico come quello attuale, che vede palesarsi le tensioni tra Oriente ed Occidente, riportate a galla dall’invasione russa in Ucraina, l’India pare essere il solo Paese in grado di intrattenere rapporti distesi con con entrambi gli schieramenti. Questa a-polarità sta permettendo allo Stato guidato da Modi di interfacciarsi tanto con la Russia di Putin per l’approvvigionamento dei beni energetici, quanto con l’America e l’Europa, che la vedono come un’alternativa alla Cina vicina allo zar russo. 

Dove affonda le radici il successo attuale dell’India?

Secondo le stime, il prodotto interno lordo dell’India supererà quello della Cina nel 2023. Con un impressionante +7% infatti, l’ex colonia britannica si aggiudica grande attrattività sotto il punto di vista degli investimenti esteri. Il primo Paese per investimenti in India è Singapore, il secondo sono gli Stati Uniti. Pochi mesi fa, inoltre, l’India aveva superato la Cina anche sotto l’aspetto demografico. 

Corruzione ed inadeguatezza infrastrutturale tra i maggiori ostacoli

Se dal punto di vista dell’attrattività degli investimenti e dell’enorme disponibilità di forza lavoro giovane ed in grado di parlare inglese, ad ostacolare l’India nella corsa al sorpasso della ‘grande fabbrica del mondo’, la Cina, ci sono le infrastrutture inadeguate, un’insufficiente produzione energetica e una burocrazia corrotta e oppressiva. A poter concorrere a far da deterrente anche l’ideologia nazionalista indù del premier in carica; caratterizzata da un atteggiamento non molto tollerante verso le minoranze.

India: i dati del successo

In otto anni l’India ha quadruplicato la propria produzione di componenti elettronici, raggiungendo una quota di mercato del valore di 105 miliardi di dollari. 

Tornando poi alla vastità della giovane manodopera, il governo indiano stima che il 60% di coloro che abbandonano le campagne, e quindi l’agricoltura, sarà ricollocato nelle fabbriche di prodotti elettronici.