⏱️ 3 ' di lettura

Popolo di poeti, santi e tennisti. Ci si è risvegliati così, in questo ultimo lunedì di novembre, dopo essere andati a letto con i rintocchi dei dritti e dei rovesci a due mani di Sinner e compagni. Tutti davanti alla tivù, in una domenica che sul piatto ci metteva anche l’atto conclusivo del Motomondiale e una Juventus-Inter che era, tra le altre cose, seconda contro prima della classe.

La finale della MotoGp, Juve-Inter: ma i titoli sono per il tennis

Ma è stata la racchetta a calamitare i telecomandi, perché la Coppa Davis mancava in Italia dal 1976, perché l’attenzione mediatica era rivolta su quel ragazzino che è anche un po’ ragazzone che dall’alto dei suoi 188 centimetri guarda quasi tutto il ranking Atp ai suoi piedi, con quel quarto posto che è destinato a diventare presto qualcosa di più. Perché c’è Sinner, il finalista delle Atp Finals di Torino, a vergare l’impresa che ha già rifatto la storia del tennis internazionale. Ancora più di Volandri, Ansaldi e di tutti gli altri protagonisti di Malaga, dove la Davis è tornata a parlare italiano. Proprio grazie a quel ragazzone di cui sopra, che poi non molto tempo fa “ma tanto italiano non è”, gli si diceva. Lui, di San Candido, estremo filamento di Alto Adige che nella grammatica consumata lassù si chiama Sudtirol. A un passo dal cielo, come il titolo della serie tv che Terence Hill – che all’anagrafe sarebbe Mario Girotti – ha reso celebre grazie ai cieli tersi e gli intrighi della fiction.

L’Italia vince la Coppa Davis: non accadeva dal 1976

Invece è tutto vero, nell’italtennis che ricorda l’altro slogan dell’Italia iridata: quella del calcio 2006, roba di un secolo fa. Quando il “cielo è azzurro sopra Berlino” si è mescolato a “il cielo è sempre più blu” di Rino Gaetano che già risuonava dopo l’impresa in semifinale, con la vittoria sulla Serbia. Una storia che a raccontarla fra un po’ sembrerà fantascienza, per tutti i colpi di scena vissuti in circa otto ore di una giornata indimenticabile.

Dopo 25 anni, l’Italia era tornata in finale di Davis e nel modo più incredibile, battendo per due volte il numero 1 del mondo Novak Djokovic e la sua Serbia, usciti tramortiti da un andaluso sabato di novembre. Merito, neanche a dirlo, di Jannik Sinner. Che in singolare ha salvato tre match-point giocando, lui per davvero ,da numero 1. Poi dello stesso Sinner e di Lorenzo Sonego in un doppio nel quale i protagonisti sono sempre stati loro, gli azzurri. Capaci di fare e (poche volte) disfare, ma poi sempre in grado di riprendere il filo della partita in un’atmosfera che di volta in volta si faceva sempre più incandescente.

Il “golpe” di Sinner con sua maestà Djokovic

Una favola cominciata in modo complicato, per la sconfitta subita da Lorenzo Musetti contro Miomir Kecmanovic. Ma poi iniziata sul serio con i 55 minuti sulle nuvole di Sinner, capace di prendere a pallate Djokovic, mentre l’Italia aveva già cominciato a sognare di poter seriamente vincere questa Davis. E mentre Djokovic provava a lottare inchinandosi al termine di una vicenda che non gli era mai capitata in passato. Nole ha sofferto una sconfitta in Davis che, a parte il ritiro con Del Potro nel 2011, non pativa in singolare dal 2009. Per la prima volta in carriera, inoltre, il serbo ha perso dopo aver mancato tre match-point consecutivi. Praticamente fantascienza. Come è sembrato fantascienza vedere un Djokovic senza mordente e disorientato nel doppio con Kecmanovic, nel quale è accaduto un po’ di tutto: palle break mancate dalla Serbia, break fatti dall’Italia. Passanti e volèe, abbracci e salti dei due azzurri che parevano molle, al cospetto di rivali sbiaditi ma pericolosi fino alla fine. Sulla strada per portarsi a casa una “insalatiera”. Che poi vale più di quel che suo nome racconta.
Marco Micheletti
Stefano Arosio