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È l’8 settembre 1923, due decadi esatte da quella che sarà la data ricordata per l’armistizio, dopo il secondo conflitto mondiale. Ma quel giorno, più che di guerra, la giornata inizia con segnali di festa.

Alfredo Sivocci vince la più lunga gara ciclistica del Dopoguerra

Alfredo Sivocci è un ciclista di buon livello, professionista dal 1910 e il 20 agosto del 1919 aveva vinto la corsa italiana più lunga del Dopoguerra, la Torino-Trento-Trieste: 660 chilometri tra strade polverose e butterate, senza cartelli e attraversate da dialetti diversi e curiosità di fronte ai pionieri di cavalli ferrati che si chiamano biciclette. Alfredo Sivocci cavalcherà Legnano e Bianchi, riuscendo anche a vincere 4 tappe al Giro d’Italia. È una famiglia di sportivi, la sua. Perché il fratello Ugo, nato il 29 agosto 1885, inizierà sì con le due ruote a pedali, ma proseguirà con le quattro a motore.

Ugo Sivocci preferisce le auto: le prove in pista e l’assassinio di re Umberto I

Ugo Sivocci, di 6 anni più grande di Alfredo, quando di primavere nel ha 18 corre la Seicento chilometri con la Turkheimer, poi vinta da Brusoni. L’anno di grazia è il 1904. Pochi anni prima, la sera del 29 luglio 1900, poco distante dalla Villa di Monza, re Umberto I si era recato a un’esibizione ginnica della Forti e Liberi, una delle più antiche società sportive d’Italia. L’anarchico Gaetano Bresci lo uccide e la storia d’Italia cambia per sempre.

Ugo Sivocci non ha però quei pensieri, quando l’8 agosto del 1923 si reca in autodromo a Monza. Lui che dopo la Prima guerra mondiale era divenuto meccanico e nel 1921 aveva trovato un sedile in Fiat per correre il primo Gran premio d’Italia. Aggirandosi tra chiavi inglesi, pneumatici e guanti in cuoio diventa amico di un giovane di nome Enzo e che di cognome fa Ferrari. È grazie al legame con Sivocci che il futuro Drake si avvicina ancor di più al mondo dei motori.

Le tragedie di Enrico Giaccone, il dolore di Agnelli. E la morte di Sivocci

Ugo Sivocci con le auto va forte: vince la Targa Florio, una delle più importanti gare al mondo, e in quel giorno di inizio settembre si presenta sul circuito nel Parco brianzolo per provare la propria Alfa Romeo P1. Qualcosa però va storto e quel giorno, iniziato sotto i migliori auspici, finisce in tragedia: l’auto di Sivocci finisce contro un albero a bordo pista e subito si intuisce che qualcosa di grave è accaduto. Tra i primi a soccorrere Ugo c’è proprio Enzo Ferrari, che corre a perdifiato verso il luogo dell’impatto e prende tra le braccia l’amico in fin di vita. Sivocci morirà così, l’8 settembre di un secolo fa. Il tema della sicurezza in pista comincerà a farsi strada anche al suo dramma. Che seguirà di pochi giorni quello di Enrico Giaccone, a sua volta morto per il ribaltamento della Fiat sua e di Pietro Bordino, sullo stesso tracciato monzese. Ai funerali di Giaccone sarà presente anche Giovanni Agnelli.