Quindici vittorie consecutive, che salgono a 17 se ci mettono i doppi di Davis. Prima posizione nella Race, terza piazza nel ranking Atp, non lontano da Alcaraz e Djokovic. Vincendo il 500 di Rotterdam, Jannik Sinner ha ribadito una condizione straordinaria che perdura da mesi e che gli sta consentendo un salto di qualità definitivo verso le massime ambizioni. Ma soprattutto ha scritto un’altra pagina di storia per il tennis italiano.
Tutti i record di Jannik Sinner: dalle Finals a Melbourne
Se a Torino era stato il primo azzurro a raggiungere il match decisivo delle Finals, se a Melbourne era stato il primo dei nostri a prendersi uno Slam sul duro, in Olanda ha aggiunto quel passaggio nella classifica mondiale attraverso ciò che per anni era parso un muro invalicabile: il numero 4 della classifica.
Panatta e il confronto con Sinner
Se torniamo all’epoca pre-computer, agli anni ‘50 e ‘60 del secolo scorso, c’è Nicola Pietrangeli che rimane allo stesso livello di Jannik. Sia nel 1959 che nel 1960, il vincitore di due Roland Garros fu indicato come numero 3 nella graduatoria stilata dal giornalista Lance Tingay. Ma quelli erano anni in cui molti dei migliori erano esclusi dal ranking, banditi dal circuito a causa del loro impegno tra i professionisti.
La consapevolezza del nuovo Sinner e la scalata all’Atp
Oggi la vicenda è diversa, tanto più che questo numero 3 Atp, per Sinner, pare semplicemente un altro momento di transizione verso qualcosa di ancora più grande. A Rotterdam, nel ‘91, vinse Omar Camporese, e all’epoca quel risultato apparve qualcosa di straordinario nel panorama tricolore. Una sorta di mezzo miracolo, tanto più che lo sconfitto in finale era stato Ivan Lendl, leggenda del tennis mondiale. Oggi la situazione è talmente diversa che un trionfo nel 500 olandese rientra nell’ordinario. La sensazione è che Sinner non si debba preoccupare troppo di confermare i risultati del passato, quanto di scrivere il futuro. A preoccuparsi, piuttosto, sono gli avversari: tutti coloro che lo hanno affrontato di recente hanno ribadito un concetto: “Oggi, il migliore al mondo è lui”. La classifica, con tutto il rispetto per Djokovic, in apparenza è l’unica che può vietargli la vetta. Ora il cemento americano con gli Indian Wells, in programma dal 3 al 17 marzo, e chissà che non si possa sognare anche qui. Alcaraz e Nole permettendo.