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L’Italia è diversa. Si è risvegliata con un campione Slam, che dà l’impressione di essere solo all’inizio della propria lunga scalata verso l’olimpo del tennis. Jannik Sinner, dopo aver vinto gli Australian Open, ha fatto due cose che spiegano la sua natura: ha spostato l’attenzione da se stesso ai genitori, poi ha detto di avere già individuato possibili aree di miglioramento nel suo tennis. Ma dove nasce questo prodigio?

Jannik prima che diventasse Sinner: Sartori, Piatti e Vagnozzi

Tutto parte da Massimo Sartori e Riccardo Piatti. Perché se Sinner fu introdotto al tennis da due maestri altoatesini, Andreas Schonegger e Heribert Mayr, è stato con l’approdo a Bordighera che ha preso il via la sua straordinaria storia. Fu Sartori a scoprire il talento dell’azzurro, fu Piatti a forgiarlo, da adolescente e fino all’ingresso nel mondo dei pro. Piatti e il suo staff lo hanno seguito nelle prime vittorie, fino all’approdo fra i top 10.

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Era il febbraio del 2022, quando fu annunciata la fine della collaborazione. Tantissimi dagli appassionati, agli addetti ai lavori hanno pensato: “Chi può trovare ora di meglio?”. Poi, dopo Piatti, ecco Vagnozzi. Marchigiano, co-autore dell’impresa di Marco Cecchinato al Roland Garros 2018, dove raggiunse i quarti dello Slam parigino persa solo contro un certo Nole Djokovic.

L’importanza della famiglia, ma anche di Cahill: così si plasma Sinner

Nel mentre, la ricerca di una squadra che potesse supportarlo e piano piano la composizione del puzzle: dal super coach Cahill, ex giocatore Atp australiano, a tutti gli altri. Ma il fenomeno Sinner è diventato tale anche perché è stato coltivato nell’ambiente ideale, nel momento ideale: nell’Italia degli anni Dieci del nuovo millennio. In altri tempi Jannik sarebbe probabilmente diventato uno sciatore, nel Super G già da bambino era campione italiano, invece stavolta il movimento tricolore è stato in grado di accoglierlo e costruirlo. E il vero protagonista è proprio lui.

Perché Jannik sta facendo qualcosa di fondamentale non solo per se stesso, ma per tutti coloro che vanno in campo con il sogno di diventare pro: sta portando un esempio virtuoso di comportamento. Sa che il tennis non è tutto nella vita, sa che i meriti delle sue vittorie sono anche altrove, sa che tanti lo guardano e lo imiteranno. Ma la sua straordinarietà è fare tutto con estrema naturalezza e semplicità, quella che arriva dall’ambiente in cui è cresciuto. Il grazie finale, dunque, coincide con quello di Jannik: va mandato a papà Hanspeter e mamma Siglinde che hanno permesso a un semplice ragazzino di scegliere chi essere.