carne rossa
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A confermare la già precedentemente evidenziata connessione tra l’aumentato rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 e il consumo di carne è un’analisi che prende in esame i dati provenienti da 20 Paesi, con un follow up di dieci anni. Si tratta della meta analisi condotta dai ricercatori dell’University of Cambridge School of Clinical Medicine sui dati relativi a 1.966.444 persone di ambo i sessi, registrati nel progetto globale Inter Connect. 

Pubblicata sulla rivista scientifica Lancet Diabetes and Endocrinology, l’analisi, che ha esaminato un’enorme mole di dati concernenti lo stato di salute dei quasi due milioni di persone coinvolti e le loro abitudini alimentari, ha rilevato che, a dieci anni di distanza dalla raccolta dei primi dati, 107.271 soggetti del campione avevano sviluppato diabete di tipo 2. 

L’analisi evidenzia che il rischio di sviluppare diabete era più alto in coloro che consumavano quantità maggiori o con maggior frequenza carne rossa non lavorata e carne lavorata. Anche il consumo di pollame e carne bianca in genere, aumenta il rischio di diabete ma non in modo significativo, come accade invece nel di quella rossa e di quella lavorata.

I dati analizzati dallo studio

I dati delle coorti prese in analisi mostrano “un consumo mediano di 0-110 g/giorno per la carne rossa non lavorata, 0-49 g/giorno per quella lavorata e 0-72 g/giorno per il pollame. Un maggiore consumo di ciascuno dei tre tipi è stato associato a una maggiore incidenza di diabete di tipo 2. I risultati per il consumo di pollame erano più deboli. La sostituzione della carne lavorata con quella rossa non lavorata o pollame è stata associata a una minore incidenza di diabete di tipo 2”.

Consigliata la riduzione del consumo di carne rossa e lavorata

I ricercatori concludono infatti che “il consumo di carne, in particolare lavorata e rossa non lavorata, è un fattore di rischio per lo sviluppo del diabete di tipo 2 in tutte le popolazioni. Questi risultati evidenziano l’importanza di ridurne il consumo per il bene della salute pubblica”.