Gaza
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Il gruppo umanitario Oxfam ha reso noto che solo 12 camion di aiuti umanitari sono potuti arrivare nel nord della Striscia di Gaza negli ultimi due mesi e mezzo. L’impossibilità di raggiungere la popolazione sfollata da parte delle associazioni umanitarie aggrava la situazione sanitaria e di malnutrizione.

In un comunicato stampa Oxfam spiega che “dei magri 34 camion di cibo e acqua autorizzati a entrare nel governatorato settentrionale negli ultimi due mesi e mezzo, ritardi deliberati e ostruzioni sistematiche da parte dell’esercito israeliano hanno fatto sì che solo 12 riuscissero a distribuire aiuti ai civili palestinesi affamati”. 

Lo stesso allarme arriva anche da Medici senza frontiere (Msf), la cui coordinatrice dell’emergenza a Gaza, Caroline Seguin, in merito alla difficile situazione sanitaria afferma: “La carenza di forniture essenziali è tale che in alcuni casi siamo costretti a mandar via i pazienti dalle strutture. Le restrizioni e gli ostacoli imposti dalle autorità israeliane per far entrare gli aiuti continuano ad ostacolare gravemente la nostra capacità di fornire assistenza. Nel frattempo, il saccheggio dei camion che entrano nella Striscia rende difficile a quei pochi aiuti che entrano di raggiungere chi ne ha bisogno. In definitiva, sono i pazienti che ne subiscono le conseguenze”.

Secondo Msf il mese di ottobre è stato uno dei più duri dal punto di vista della carenza di cibo, acqua e medicinali dall’inizio del conflitto, in quanto il numero di camion con aiuti umanitari che raggiungono la popolazione palestinese è oggi quattro volte inferiore rispetto a quelli che riuscivano ad entrare lo scorso luglio.

Seguin continua la sua testimonianza dalla Striscia di Gaza, riportata sul sito ufficiale dell’associazione umanitaria, spiegando: “I nostri pazienti sono sempre più esposti alle infezioni gravi. Nel reparto per ustionati che supportiamo all’ospedale Nasser, a Khan Younis, stiamo esaurendo anche le forniture di base per curare le ferite, come garze e bende. Le nostre équipe sono costrette a prolungare i tempi tra una medicazione e l’altra, aumentando il rischio di infezioni per i pazienti che hanno disperatamente bisogno di cure adeguate. Non c’è abbastanza acqua potabile per le persone. L’unica alternativa ai desalinizzatori è trasportare l’acqua con i camion, cosa che MSF fa ma a costi estremamente elevati soprattutto a causa del costo del carburante, rigorosamente razionato da Israele”.

Sul sito ufficiale dell’Onu, l’Ocha, l’Ufficio di Coordinamento degli aiuti delle Nazioni Unite, riferisce che: “Il flusso di aiuti umanitari a Gaza, già insufficiente a soddisfare le crescenti necessità, è diminuito del 67% dal 7 maggio”.

Ultima in ordine di tempo, l’agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa), ha reso noto che “gli attacchi alle scuole e agli ospedali – da parte di Israele – sono ormai diventati comuni”. 

Ma perché Israele controlla e limita pesantemente l’accesso degli aiuti umanitari nei territori palestinesi? 

Impedire l’arrivo di mezzi di sostentamento e cura, come acqua, cibo e – in tempi moderni – medicinali, è parte delle strategie belliche da migliaia di anni, succedeva infatti già quando gli eserciti assediavano le fortezze nemiche, accerchiavano le cinte murarie e bloccavano accessi e vie d’uscita così da costringere il nemico alla resa per sfinimento e carenza di cibo e acqua. Ma la scelta di Israele dipende anche da un’altra convinzione. Secondo le autorità israeliane infatti, alcune associazioni umanitarie come l’Unrwa sarebbero colluse con Hamas e, per questo, gli aiuti umanitari che trasportano non mirerebbero solo a sostenere i quasi due milioni di persone affamati e stremati dal conflitto ma anche ad aiutare l’organizzazione terroristica.