Il numero dei casi di tumore del colon retto risulta in aumento nei Paesi europei, ne avevamo infatti parlato nell’articolo ‘Tumori in aumento in Europa: colpiscono una persona su venti‘. Ne parla Carlo Gatti (in foto), ex direttore dell’Oncologia medica all’Ospedale di Chioggia, in provincia di Venezia.
Tumori del colon retto, dottor Gatti: “50 mila nuovi casi all’anno in Italia”
“In Italia si registrano circa 50mila casi all’anno di tumore del colon retto – spiega il dottor Carlo Gatti ai microfoni di Estenews – Nel 2020 si era vista una diminuzione dell’incidenza, scesa a circa 43mila casi, ma il dato è inquinato dal rallentamento, determinato dallo scoppio della pandemia da Coronavirus, subìto dal programma di screening. Con la ripresa dell’attività di screening, i casi individuati sono ricominciati a crescere, tornando nel 2022 ai livelli pre-pandemici, di circa 50mila casi l’anno. Proprio grazie a questo ambizioso programma di screening, rivolto alla popolazione tra i 50 e i 70 anni, si è riusciti a scoprire un gran numero di casi iniziali di tumore del colon retto”.

Scoprire il prima possibile questo tipo di tumore, magari addirittura individuando lesioni benigne, è di fondamentale importanza per l’esito delle cure. Aderire allo screening è un gesto prezioso per la propria salute perché permette di individuare anche i casi asintomatici. Lo screening ha infatti una grande efficacia nello scoprire i casi precoci, ma il potenziale benefico dell’attività di screening si potrebbe esprimere ancora meglio se in tutte le regioni dello Stivale ci fosse lo stesso grado di adesione.
Screening tumorali, Gatti: “Sproporzione tra Centro-Nord e Mezzogiorno”
“C’è una vasta sproporzione tra l’adesione allo screening delle regioni del Centro-Nord, dove la media è del 45%, e quelle del Sud, dove appena il 10% degli aventi diritto (ovvero coloro tra i 50 e i 70 anni) partecipa allo screening – continua l’ex direttore dell’Oncologia medica presso l’Ospedale di Chioggia – La Regione Veneto è sotto questo aspetto la più virtuosa, l’adesione arriva infatti addirittura al 70%”.
Tumori giovanili del colon retto: dati preoccupanti. Il commento dell’oncologo
Il tumore del colon retto che insorge in età precoce, ovvero sotto i 50 anni, dovrebbe essere classificato, secondo Carlo Gatti, come un tumore a parte. Esso presenta infatti caratteristiche profondamente diverse rispetto al tumore del colon che colpisce in età più avanzata. “Il tumore del colon retto ad insorgenza precoce sta preoccupando la comunità medica e scientifica perché i casi sono in aumento – spiega Gatti – I dati italiani mostrano un aumento più moderato rispetto a quelli americani e di altri Paesi europei”.
Cause dell’aumento dei tumori del colon retto tra i giovani
“Nonostante la maggior parte dei tumori del colon retto abbia origine sporadica, nella popolazione giovanile la presenza di un patrimonio genetico sfavorevole ha un impatto importante”, sottolinea Gatti. “L’ereditarietà rappresenta infatti una componente dal peso non indifferente nei giovani con questo tipo di tumore. Penso ad esempio alla poliposi familiare del colon o alla sindrome di Lynch, due condizioni che predispongono il soggetto all’insorgenza del tumore del colon retto. Anche la rettocolite ulcerosa e la malattia di Crohn espongono i giovani ad un aumentato rischio di tumore del colon retto”.
Per comprendere a fondo i meccanismi sottostanti l’ereditarietà dei diversi tipi di tumore “si deve approfondire lo studio dell’epigenetica, ovvero il controllo dell’espressione del gene potenzialmente responsabile. Grazie ai progressi della biologia molecolare si può non solo studiare i meccanismi epigenetici ma anche un giorno controllarli e correggerli. Per questo la ricerca è la nostra salvezza e di ricerca di ottimo livello se ne fa tanta anche in Italia” spiega l’esperto.
Tumori del colon retto nei giovani, Gatti: “Utile ampliare lo screening”
La fascia d’età tra i 45 e i 50 anni è quella in cui si riscontrano più tumori del colon retto. Considerando che una piccola lesione benigna ci impiega sette anni in media a diventare cancerosa, e dunque maligna, ampliare la platea di coloro che possono avere accesso allo screening gratuito sarebbe utile ad individuare ancor più precocemente i soggetti che potrebbero sviluppare il tumore.
“L’adesione agli screening è quindi fondamentale – spiega l’esperto – ed è utile promuoverlo tramite campagne di sensibilizzazione. Grazie allo screening abbiamo salvato tanti pazienti. Un buon oncologo promuove infatti lo screening tanto quando uno stile di vita sano perché le persone vanno incoraggiate a fare prevenzione. Prima o poi le reti oncologiche interverranno anche sulla familiarità, per permettere di accedere allo screening anche a chi non rientra nell’età prevista, perché il costo della prevenzione è molto più basso del costo di cura”.
Ampliare la platea di coloro che possono accedere agli screening non è quindi solo un beneficio per la salute della popolazione, ma anche per la sostenibilità economica del servizio sanitario nazionale. “Alcune regioni si stanno infatti muovendo per abbassare l’età dello screening dai 50 ai 45 anni”, conclude Gatti.

