Neve che con il freddo diventa ghiaccio. Gelo che spacca la pelle. Tempo da lupi a London, in Europa. Ma la storia di oggi ci porta a East London, nome simile ma che identifica una città che sta esattamente dall’altra parte del globo terrestre, nello specifico parte estrema sud dell’Africa, e che si affaccia sull’Oceano indiano.
Il primo Gp del Sudafrica, un 29 dicembre: la sfida tra Hille Clark
Sono le prime ore del pomeriggio di sabato 29 dicembre e due piloti, quasi connazionali fra loro, si stanno sfidando all’ultimo giro per un titolo che non hanno mai conquistato in passato. Anzi, a ben vedere, solo da pochi mesi sia uno come l’altro sono riusciti a vincere il loro primo Gran premio di Formula 1. Si chiamano Graham Hill e Jim Clark, inglese il primo e scozzese il secondo, le stesse posizioni che occupano in classifica e, parti invertite, sulla griglia di partenza della prima edizione del Gran premio del Sudafrica valida per il Campionato del mondo.
Graham Hill e il piccolo Damon, James Clark e la rincorsa nel Mondiale
Torniamo indietro però di qualche settimana, in Europa. Monza, per la precisione. Quella domenica di metà settembre Hill ha vinto e Clark si è ritirato, lasciando in tutti la convinzione ormai che i giochi si siano chiusi a favore del primo. Ventuno giorni più avanti i due si ritrovano ancora insieme in prima fila, in questo caso sono a un centinaio di chilometri da New York, Nordamerica, pista di Watkins Glen. Qui invece Clark la spunta per una manciata di secondi e, conti alla mano, tutto è rimandato alla gara conclusiva, East London appunto. Il problema non da poco è che, calendario sull’altra mano, mancano quasi tre mesi per sapere come finirà. Se per gli altri è solo uno spazio temporale da attraversare, per i due interessati è un periodo infinito di stress con cui convivere.
Mentre per Hill il tempo scorre con il piccolo Damon di due anni da far giocare, oltre a dover partecipare ad una corsa con auto d’inizio secolo da Londra a Brighton, per Clark lo stress è a livelli altissimi, con continue richieste da fans occasionali o giornalisti vari su come lui immagina andrà a finire la storia. Anche la vittoria d’inizio novembre a Città del Messico, nella prima edizione di quel gran premio, non lo aveva consolato più di tanto. La sua testa era sempre più proiettata verso il Sudafrica dove avrebbe passato più o meno un mese perché, sia per lui che per Graham, in programma c’erano infatti altre due gare, seppur di poco conto, in vista del tanto atteso scontro finale. Due sabati che gli hanno detto bene, con un primo e un secondo posto, mentre per l’altro e la sua BRM solo problemi e ritiri.
Il motore della Giulietta sulle vetture degli afrikaners
In Europa fa sempre più freddo mentre la carovana del Mondiale di Formula 1 fa rotta verso la calda ma ventosa East London. In realtà non c’è il grande afflusso di addetti ai lavori perché sono solo una decina i piloti habitué del Campionato scesi in Sudafrica. La lunga e onerosa trasferta se la sono risparmiata la Ferrari e la Porsche, per cui si parla prettamente inglese nei box, occupati in ordine alfabetico da Brabham, BRM, Cooper, Lola e Lotus. Per rimpinguare la griglia ci pensano gli organizzatori locali facendo iscrivere chiunque abbia a disposizione una monoposto decente. Fra loro anche due afrikaners, Serrurier e Harris, che montano sulle loro vetture il motore della Giulietta. Pittoresco e utile per la causa, ma che finisce per fargli prendere una decina di secondo al giro dai migliori che, manco a dirlo, sono Clark e Hill.
Mentre in Europa è Santo Stefano, in Sudafrica come nel Regno Unito e nelle altre nazioni del Commonwealth, si festeggia il Boxing Day, giornata dedicata allo sport e al bere. Possibilmente senza invertire l’ordine. Sulla pista spazzata dal vento di East London è il giorno delle prime prove, con il circuito a disposizione di tutti per capire la propria posizione. Giri di pista che subito mettono in chiaro chi è il favorito: Jim Clark. La storia non cambia il giovedì e il venerdì successivi, e quando finisce la lunga girandola di qualificazione la Lotus numero 1 è la migliore del lotto con un minuto, ventinove secondi e tre decimi. La BRM numero 3 è l’unica che a questo punto può cercare di stare al suo passo, ma si è presa comunque più di mezzo secondo. Per gli altri non c’è scampo. Tutti oltre il minuto e trentuno.
La resa dei conti tra Hill e Clark e il giro di pista da pacche sulle spalle
Sabato 29 dicembre, il grande giorno è arrivato. Il vento è calato e la temperatura è gradevole in riva all’oceano. Prima della partenza gli organizzatori hanno pensato bene di far compiere un giro di pista ad ognuno dei diciassette piloti per farli conoscere “di persona” al pubblico di casa. Giro a bordo di una vettura ciascuno, scoperta e con il fortunato seduto in maniera rialzata sul sedile posteriore. Così tutti possono vederlo bene. Idea interessante ma che però non ha tenuto conto dell’entusiasmo dei tifosi locali i quali, superate le basse transenne divisorie, si sono riversati a bordo pista e, certi di fare cosa gradita ai diretti interessati, hanno iniziato a dare loro incoraggianti pacche sulle spalle. Un’ottima pensata promozionale, a maggior ragione per gli spettatori confinati nelle zone riservate alle persone di colore. Non gli è sembrato vero di poter colpire, seppur in senso affettuoso, il corpo di un uomo bianco, seppur sconosciuto a loro.
Ci si avvicina nel frattempo al momento del via. L’aspetto tecnico ci racconta del motore cambiato per precauzione dopo le prove a Hill, così come anche Clark che ha girato molto, e con tempi migliori, con il nuovo Climax a iniezione, per l’ultimo atto ha preferito farsi montare quello a carburatori, meno veloce ma almeno privo di incognite. Eccoli pronti e concentrati Hill e Clark, i candidati a conquistare il primo titolo interamente british in Formula 1. Quattro anni prima si era già laureato Campione del mondo Mike Hawthorn, ma era su una Ferrari. Ora invece no. Inglese o scozzese che sia, sarà comunque una BRM o una Lotus a portare in trionfo il suo cavaliere.
La bandiera in mano a Stirling Moss
Stirling Moss è fermo da Pasqua a causa di un tremendo incidente in una gara di secondo piano, e ancora non sa se potrà tornare a correre un giorno. Ma in Sudafrica ci è andato ugualmente e gli organizzatori, forte dell’esperienza che non gli manca di certo, gli hanno affidato la bandiera di casa per dare la delicata mossa del via. Sotto di lui, a destra la verde scuro Lotus 25 di Clark, a sinistra l’ancor più verde scuro, quasi nero, BRM P57 di Hill. Il segnale arriva all’ora stabilita e le monoposto in fila per due si muovono in un turbinio di gomme.
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Clark, come in prova, anche in gara non lascia niente agli altri, prende subito la testa della gara in solitaria, giro più veloce compreso addirittura già al terzo passaggio davanti ai box. Dietro di lui, anche Hill stacca poco a poco gli altri, ma il suo problema non è dietro lui, è là davanti e sta andando maledettamente forte. L’inglese sa che il secondo posto non gli basta se vince lo scozzese. Ma anche lo scozzese sa che è costretto a vincere per forza se vuole andare lui dalla Regina con la corona d’allora in una mano e il titolo iridato nell’altra.
Il bullone chiuso male che decide il Mondiale di Formula 1
Quando mancano poco più di una ventina di giri alla fine, più o meno ancora mezz’ora di corsa, dal retro della Lotus inizia ad uscire sempre più denso del fumo biancastro che non lascia presagire nulla di buono. Tre giri dopo questo fumo che Clark vede chiaramente dagli specchietti lo manda ai box. I meccanici scoperchiano il retro della monoposto, che però a sua volta è denso di fumo dell’olio finito sui tubi di scarico, proveniente da un bullone mal serrato. Un trafilaggio perdente come perdente, questo sabato 29 dicembre, è lui che dai box sta osservando a malincuore la restante cavalcata finale dell’amico-rivale. Da lì a poco il tutto si conclude con la vittoria del gran premio sudafricano per Hill, anche se ininfluente a questo punto, ma quel che conta di più è che è lui, british al cento per cento, a regalare alla regina d’Inghilterra il primo Mondiale tutto made in England nella storia della Formula 1.
Il giorno dopo, ultima domenica di questo 1962, mentre il neo Campione del mondo s’imbarca dalla calda e assolata Città del Capo con destinazione Nuova Zelanda, a migliaia di chilometri più a nord, nel clima gelido e nevoso di Buckingham Palace, un maggiordomo offre su un vassoio alla Sovrana d’Inghilterra i giornali che riportano in copertina il volto raggiante di un suo suddito. «Si chiama Graham Hill – gli conferma l’uomo della servitù – e ieri ha sconfitto uno scozzese». Non è dato a sapere qual è stata la reazione della regina.
Enrico Mapelli